COM'È IL NUOVO PERCORSO DEL MARCO SIMONE
Un grande evento come la Ryder Cup merita un percorso tecnico ed entusiasmante, e che possa offrire grandi emozioni sia al pubblico che ai giocatori, anche quelli che andranno a giocarci dopo l'evento. Marco Simone riuscirà a soddisfare le aspettative? Lo scopriamo subito.
E' passato tanto tempo da quel 14 Dicembre 2015, giorno storico per il golf italiano, dove venne annunciata l'assegnazione della Ryder Cup 2022 (poi spostata al 2023 per via del Covid) al golf Marco Simone di Guidonia. Il percorso romano presieduto dalla stilista Laura Biagiotti rappresentava lo scenario ideale per ospitare un evento con milioni di visitatori da tutto il mondo: piuttosto grande, con ottime possibilità di espansione, vicino Roma.
Dal vecchio al nuovo percorso
Inizialmente, il percorso originale di campionato, progettato da Jim Fazio e terminato nel 1990, risultava sufficientemente impegnativo e scenografico per ospitare l'evento, e si erano ipotizzate solo alcune modifiche di modesto impatto. Marco Simone era uno di quei percorsi che si faceva piacere, specialmente dai giocatori esperti, ed aveva già superato il test dei “grandi eventi”, ospitando un Open d'Italia e numerosi Campionati e gare nazionali.
Il par 3 della buca 2 era una delle buche più fotogeniche d'Italia, con il castello del Marco Simone che si specchiava nel lago adiacente il green. Ma la buca 5 era altrettanto spettacolare, e la 16 era forse una delle buche par 5 più originali e caratteristiche mai viste. La matita di Fazio era senza dubbio molto ispirata quando disegnò Marco Simone.
Successivamente, si è deciso per un radicale stravolgimento dell'intero percorso, con un nuovo lay out e un nuovo percorso completamente differente sia per caratteristiche tecniche che per colpo d'occhio. Questa trasformazione ha interessato praticamente tutto il percorso, con esclusione della buca 6 che, seppur riprogettata da zero, rimane posizionata sul percorso nello stesso punto di prima. Per il resto, ogni buca si trova in una nuova posizione e orientamento rispetto al passato.
Sarebbe un grosso errore mettere a confronto il vecchio e il nuovo percorso, poiché si tratta di due percorsi sostanzialmente differenti, realizzati a distanza di oltre trent'anni uno dall'altro, e soprattutto, concepiti con esigenze differenti. Il nuovo percorso del Marco Simone doveva soddisfare specifiche esigenze televisive, ma anche agevolare gli spostamenti degli oltre 200 mila spettatori attesi per seguire dal vivo la Ryder Cup.
In ottica commerciale, poi, il nuovo percorso è senza dubbio molto “intelligente”, essendo progettato opportunamente per permettere a giocatori di livello differente di divertirsi e affrontare gli stessi ostacoli. In definitiva, il nuovo Marco Simone, seppur meno caratteristico del vecchio, è un percorso moderno e di gran livello, certamente merita di essere giocato più di una volta per essere apprezzato appieno.
Com'è il nuovo percorso Ryder Cup del Marco Simone
Il nuovo percorso del Marco Simone, progettato da Dave Sampson dello studio European Golf Design e dall'architetto Tom Fazio II, presenta due o tre par 4 raggiungibili con il tee shot dai giocatori potenti, soprattutto quando il battitore è spostato avanti. Si tratta della buca 5, con un grande lago a protezione del green, la buca 11, par 4 in salita con un ruscello su tutto il lato sinistro, ed infine la buca 16 (la signature hole), suggestivo par 4 con vista San Pietro dal battitore, e un lago a protezione del green.
La buca 16, in particolare, è la buca che ha ricevuto maggiori attenzioni poiché statisticamente risulta essere la buca spesso determinante nei match play di Ryder Cup. In effetti, risulta una delle buche meglio riuscite, sia per colpo d'occhio, sia perché a seconda del battitore e della posizione di bandiera scelti, può essere un par 4 da raggiungere con un wedge di secondo, oppure direttamente con il driver dal battitore.
Una curiosità riguardo le seconde nove buche del nuovo percorso: il progetto iniziale era completamente differente, ma durante i primi lavori di escavazione furono trovati dei resti archeologici nella zona del campo dove ora si trovano le buche 12 e 13.
Inoltre, dei vincoli ambientali hanno costretto la buca 16 ad un cambio di orientamento di 90 gradi rispetto a quanto progettato inizialmente. Considerati i tempi lunghissimi richiesti per ottenere permessi ed autorizzazioni varie, gli architetti sono stati costretti a rivedere parzialmente il progetto. Ma quelle limitazioni hanno in realtà suggerito delle nuove idee che hanno permesso a Sampson e Fazio di creare una seconda parte del tracciato ancora più suggestiva e vivace, e con molti punti dai quali si può ammirare Roma mentre si gioca.
Tornando agli aspetti più tecnici, ogni buca ha 4 o cinque battiori disponibili, e questo offre la possibilità di presentare ogni giorno un layout differente, a tutto vantaggio dello spettacolo.
I green sono probabilmente il punto forte del percorso: sono molto generosi nelle dimensioni e con tante possibili opzioni di bandiera, ed essendo “giovani” la loro superficie è compatta e uniforme, e il rotolamento della pallina è assolutamente eccellente. Le pendenze dei green sono la difficoltà maggiore che i giocatori si troveranno ad affrontare, qualunque sia la posizione di bandiera, le pendenze sono pronuciate, in alcuni casi, forse, in modo anche eccessivo (è il caso del par 3 della buca 7).
In generale, il percorso è piuttosto ondulato, con fairway spesso inclinati e raramente si ha la possibilità di giocare con la palla alla stessa altezza dei piedi, i numerosi bunker disseminati lungo il fairway, poi, richiedono al giocatore una attenta strategia e linea di gioco.
Probabilmente, l'unica pecca di un campo di altissimo profilo tecnico, è la presenza di molti “colpi ciechi”. In almeno 7 o 8 buche (a seconda del battitore) ci si può ritrovare a giocare il colpo dal centro fairway a un green del quale non si riesce a vedere la sua superficie e profondità. Vedere solo mezza bandiera quando si esegue un colpo al green con un ferro medio corto è un aspetto che non piace particolarmente ai giocatori esperti, e fino a che non raggiungi il green non sai dove sia realmente terminata la pallina. Insomma, si tratta di un “effetto sorpresa” che in alcune buche si poteva forse evitare.
usato insieme allo sweet spot diventa performante