LA RESILIENZA E IL GOLF
Quanto conta nel golf saper reagire alle sconfitte

Un fallimento in una gara, una prestazione negativa, un insuccesso, una delusione. Niente di tutto questo rappresenta qualcosa di negativo in assoluto. È il modo con cui noi rispondiamo che decreterà se sarà negativo o positivo.
In psicologia si chiama "resilienza". E' un termine "rubato" alla metallurgia, nella quale si indica la capacità di un metallo di resistere alla deformazione, alle forze che gli vengono applicate.
Nello sport potremmo definirla, a grandi linee, come la capacità di reagire in modo positivo ad un evento disastroso, di rialzarsi e riordinare rapidamente le idee, di imparare da quel fallimento, di ricostruire la fiducia e la motivazione, di riorganizzare positivamente la propria vita.
Si dice che il golf sia una metafora della vita. E il golf, come la vita, riserva colpi da far brillare gli occhi e delusioni da tagliare le gambe.
Da ragazzino ebbi la fortuna di conoscere lo psicologo Bruno De Michelis durante un raduno della nazionale dove fui invitato. Otre ad essere lo psicologo del Milan era anche quello di Costantino Rocca, il mio idolo indiscusso. Ricordo di avergli chiesto quale fosse, secondo lui, il segreto che lo rese il campione che conoscevamo. La sua capacità di reagire positivamente ad ogni insuccesso e frustrazione, mi rispose. Costantino, come tutti i grandi campioni dello sport, ha dimostrato una eccezionale capacità di sopportazione della frustrazione, ha dimostrato di essere una persona resiliente. E in molte occasioni.
Nel 1993 disputò la sua prima Ryder Cup con l' Europa, ma in quell' occasione perse un match decisivo alla 18 contro Davis Love III, sbagliando un corto put che, in definitiva, regalò agli Stati Uniti il successo. La stampa britannica ci andò giù pesante, puntando il dito contro Rocca e dandogli la responsabilità della sconfitta. Dopo quello sfortunato evento Rocca si rialzò più forte, vinse sul circuito e nella sua seconda Ryder Cup giocò brillantemente scrollandosi di dosso gli incubi del ' 93.
Nel '97 si superò, battendo Woods alla 16 nel match che regalò il successo all' Europa.
Ogni tanto mi capita di seguire in tv qualche giocatore che ritrova la vittoria in un torneo dopo tanti anni di delusioni. E' una delle cose più belle delle sport. È il caso di Justin Rose, un ragazzino prodigio che dopo il quarto posto da dilettante nel British Open del 1998 al Royal Birkdale, si era perso nel buio più profondo. Passò professionista subito dopo quella performance, ma per ben 21 tornei di fila non riuscì a passare nemmeno una volta il taglio di metà gara. Per molti sarebbe stato abbastanza per mettere in vendita la propria sacca su ebay, invece lui è stato resiliente, e ora è vincitore di Major.
Di fatto, in genere chi riesce ad emergere nello sport possiede caratteristiche psicologiche di resilienza, è ottimista e tende a minimizzare le prestazioni negative mantenendo sempre una grande fiducia nelle sue possibilità. Avete mai ascoltato le interviste di Tiger Woods o di altri top player dopo una prestazione negativa, o addirittura un lungo periodo di insuccessi? Più o meno si ritrovano sempre in frasi del tipo << Sono a un passo dall'ottima prestazione >>, << ho solo da sistemare alcune cose nel gioco >> , << sento di essere vicino >> ecc. Mai frasi che manifestino mancanza di fiducia e determinazione a tornare in alto.
Credo che prima o dopo ogni giocatore è costretto ad affrontare dei momenti negativi. Nel caso di grandi campioni, questi periodi si presentano dopo numerose vittorie, che ai nostri occhi ce li fanno sembrare delle macchine da birdies indistruttibili. Tiger Woods è un esempio eclatante: vincitore di 15 majors e centinaia di tornei, in alcuni periodi della sua carriera ha faticato per passare i tagli, con scores imbarazzanti, è resuscitato dopo scandali e operazioni varie. Matteo Manassero non ha vinto 14 majors, ma il suo periodo nero non è certamente meno frustrante. Nella stessa condizione si trovano decine e decine di grandi nomi che usciranno dal loro digiuno di buoni risultati solo se riusciranno ad affrontare quei periodi con determinazione, impegno e resilienza.
Ma torniamo a noi, che non abbiamo certo velleità di vincere il Masters, se non alla Play Station, ma solo il desiderio di divertirci praticando lo sport che più amiamo. Negli anni ho imparato che per giocare bene a golf bisogna prima di tutto divertirsi, occorre trarne un godimento. Ma ho capito anche che molti golfisti, soprattutto agli inizi, non si divertono abbastanza perché non hanno capito il golf, non sono preparati mentalmente a un gioco tanto difficile da mettere sotto pressione anche le menti più equilibrate. Il golf va accettato, va capito. Non si può decidere di giocare a golf solo se si gioca bene, non è possibile. Bisogna giocare a golf perché ci piace, indipendentemente da quanto bene ci riesca. Così facendo giocheremo meglio, e forse soddisfacendo le nostre aspettative.
Un gioco è... un gioco, appunto, non possiamo decidere e avere il controllo del risultato, possiamo solo decidere e avere il controllo del nostro impegno negli allenamenti, della nostra disciplina. Ci sono tantissimi giocatori che hanno continuato ad alzarsi presto la mattina per allenarsi, hanno continuato a viaggiare per i tornei ai quali partecipavano senza vincere, ma dando sempre e comunque il massimo.
Il vostro obiettivo dovrebbe essere migliorarvi dalla vostra condizione attuale, non essere i migliori. Se lo diventerete sarà la conseguenza di quella passione e di quell'impegno che deve esserci a priori.
Non datevi scadenze del tipo " se tra sei mesi non prendo l'handicap..." oppure " mi do tre mesi di tempo per scendere sennò smetto". Ecco, vi direi di smettere subito allora, ma non di giocare a golf, piuttosto di smettere di rendere le vostre giornate sui green così stressanti e ricche di aspettative, che, peraltro, nessuno e nemmeno Tiger Woods o Nicklaus si sono potuti permettere.
Insomma, la prossima volta che vi troverete a consegnare l'ennesimo score pieno di X, non mettete in vendita la vostra sacca, siate resilienti!

Assolutamente si, probabilmente alla vita in genere, in fondo lo sport e il golf in particolare ne è un po' una metafora
Concordo su tutto ed anzi aggiungo che questi concetti sono estendibili anche ad altri sport come il basket.
Sono d'accordo, giocare bene a golf è difficile e a volte frustrante, ma è anche il bello di questo gioco.
Sono in linea con quanto scritto, marcando la differenza tra pro e amatori. Prendere troppo sul serio questo sport è pericoloso. Dopo due anni di gare posso dire di aver giocato con quasi tutti i membri dei due club che principalmente frequento e evito accuratamente di accostare il mio nome, nella lista di gara, a chi gioca troppo "Serio". I migliori risultati li ho ottenuti giocando con persone con cui si chiacchiera e si scherza durante il gioco e la gara si svolge molto rilassata. Una battuta su una palla finita in acqua aiuta a diminuire la tensione se ci si ride sopra. Nonostante tutto quando si manca un beardy da 20 cm, come mi è appena capitato, il numero di parolacce che segue è difficile da tenere sotto controllo, sto lavorando per limitarmi a pensarle ma è dura. Regards